Questo è un articolo di Antonella Nappi : una attenzione nuova alla nostra pratica politica

09.05.2020

Soffrire e affrontare calamità è lo scopo del vivere? Per ritrovare la strada verso la felicità collettiva, in armonia con la Natura, dobbiamo rivalutare la ricerca scientifica umanistica. Imporre alternative, individuarle, spiegarle, questo dovrebbero fare la politica e la comunicazione, mettendo a frutto le relazioni che ciascuno intrattiene. L'esperienza del movimento delle donne, andrebbe messa al centro della rigenerazione della società ...

Soffrire e affrontare calamità è lo scopo del vivere? Il mondo procede emarginando gli studi umanitari e la ricerca scientifica umanistica, questi sono una superficie d'acqua che sciacquetta sul pianeta e non penetra che lentamente e a fatica, non cambia la cultura dei popoli se non con molta lentezza.

Mentre di colpo arrivano un nuovo consumo, una guerra, una reazione emotiva che non permettono di proseguire quell'assimilazione perseguita dal lavoro culturale ma al contrario annientano e fanno dimenticare le consapevolezze per portarci altrove. Un altrove da ricomprendere.

Questo depistaggio ha dietro di sé studi mirati, fa politica una forza ben consapevole dell'animo delle persone e dei loro desideri e le muove per ottenere il loro confondimento e prendersi la delega delle loro azioni, con soldi in massiccia quantità impiegati a tal fine, naturalmente. L'ironia sul "complottismo" colpisce solo i miseri e distoglie invece dal complotto potente e ininterrotto che è reale; questo lavoro politico compiuto dalle élites in modo nascosto e negato aizza le fantasie delle persone che sentono censurati i mille fatti veri e vengono mosse a fantasticare.

Sono bene attive queste menti manipolative, ottengono questi risultati, collaborano con loro giornalisti e politici, li unisce certo il denaro e l'accordo per la difesa di interessi e ruoli. Li unisce anche l'aggregarsi a loro della popolazione che non se la sente di pensare se non ha il sostegno di una qualche forma di potere o di un affetto collettivo o personale che gli riconosca autorevolezza; la persona che riflette deve sentirsi in qualche modo elogiata, da istituzioni grandi o piccole, da almeno un piccolo gruppo di riferimento.

Abbiamo bisogno degli altri e il detto: "mal comune mezzo gaudio" giustifica persino la preferenza che accordiamo a pagare con la salute tutto quanto facciamo, finché anche gli altri lo fanno, finché l' autorità non ci impone una alternativa, o finché l'alternativa non diviene preferibile a ciò che pur danneggiandoci ci da soddisfazione.

Imporre alternative, individuarle, spiegarle, questo dovrebbe fare la politica: usare i cavi e non l'etere, non prestabilire cellulari, smantellare i ripetitori, ci fanno molto male! Purtroppo sono solo gli stessi cittadini a doverla dettare a chi li rappresenta, un lavoro quasi impossibile.

E' più facile, rispetto all'efficacia di un lavoro di proposizione alternativa, pensare che non ci sia argine e tutte le calamità immaginate e descritte: ci verranno addosso! E' arrivato il Covid19, e molte altre catastrofi seguiranno.

Solo i disastri mostreranno gli errori ma noi li comprenderemo? E' vera quella rivoluzione antropologica mossa dall'utilizzo della tecnica, di cui si dice, chi diventeremo come esseri umani? Ragionare sugli sbagli è relativo talmente guardiamo all'oggi, saremo ormai dei post?

La riflessione viene creata dal lavoro relazionale che in piccola parte ciascuno riesce a compiere.

Oggi, per alcuni di noi è il continuo cercar di capire, studiare, proporre; forse non è molto diverso dal non pensare e seguire gli altri; è soltanto cercare di godere qualche cosa per sé, come fanno tutti. Ma appunto, può piacere la riflessione, come a me anche ad altri!

Il funzionamento del mondo fino ad ora ha visto il nostro vivere assegnare un beneficio economico a chi è un poco più ricco di noi e così via nella piramide della gerarchia della ricchezza, sempre larga alla base, sempre sottile al vertice.

E' mancato e manca il racconto di una possibilità organizzativa differente, di una organizzazione diversa che potesse divenire credibile e consensuale tanto da praticare l'automatismo che il capitalismo ha dimostrato di saper garantire.

E' accettabile vivere per generare profitto agli altri e ricevere briciole? Sembrerebbe di sì ma se si mette a fuoco la visione di nascere solo per donare ad una minoranza dell'umanità ricchezze e vite incommensurabili con le nostre, diviene insopportabile, un senso collettivo della vita ci deve pur essere! Il fatto che il pianeta perda risorse e stabilità climatica, che ci imponga catastrofi ed epidemie in progressione deve mostrarci che questa conduzione divenuta sistema è sbagliata per tutti.

Ci vuole una capacità politica che sappia incoraggiare le persone a cercare il loro bene pensandosi in una organizzazione collettiva di vita perché questo è comunque il contesto reale. Siamo una comunità, siamo interrelati agli altri e alle altre forze del pianeta.

L'accumulo di capitali in forma privata e per scopi privati non ha un limite per Legge; una grande quantità di denaro può essere investita senza un istruttoria culturale e politica che coinvolga la riflessione della popolazione e la sua decisione, invece scelte economiche e politiche devono poter attingere ad una cultura umana molto più meditata, ci vuole un investimento economico che organizzi l'informazione e lo studio di massa perché ci possa essere una riflessione di massa.

Un filo di riflessione esiste per ciascuna e ciascuno, passa nelle relazioni di lavoro e anche durante il consumo negli ambiti della vita quotidiana. Questo spazio relazionale deve essere aumentato, ha bisogno di tempo, tempo che va tolto al lavoro ma anche concesso all'interno dei tempi di lavoro, lo si potrebbe fare perché l'automazione riduce il lavoro umano.

Va aumentato il tempo della relazione, della comunicazione, anche nella sfera del consumo e questo relazionarsi e confrontarsi può divenire gran parte del consumo stesso; consumare comunicazioni può ridurre il consumo delle risorse naturali.

La comunicazione tra le persone va investita di capacità di gestione.

La comunicazione va messa al centro della pratica politica: dire la propria esperienza, giustificare il proprio pensiero con l'esperienza vissuta non è un'azione abituale, al contrario è rifuggita dalla politica maschile la quale è soltanto affermativa e impositiva. Ascoltare gli altri ed esigere la giustificazione del loro pensiero nella storia che hanno vissuto - o nei dati studiati - è avversato da chi vuole proteggere le sue opinioni precostituite: discuterle gli sembra un fare polemica senza costrutto, una lite.

Non è mettersi in discussione l'abitudine comunicativa corrente ma si rinuncia così alla possibilità di agire su noi stessi una riflessione in più di quella che ci ha mossi, di creare un sapere più profondo che potremmo realizzare se fossimo guidati e addestrati nel farlo.

Il polemizzare valorizzato nella storia, nell'accademia, usato dalle/dai migliori intellettuali, potrebbe creare sapere nella popolazione se fosse applicato tenendo conto proprio delle soggettive esperienze, dei propri desideri e delle attribuzioni inconsapevoli che spesso facciamo sugli altri di questioni che riguardano invece proprio noi.

Demografia e rispetto delle donne

Le cose stanno cambiando: con l'automazione la ricchezza non ha più bisogno della gran massa di figli che venivano procreati dai sottoposti e dovevano lavorare nelle parti basse della piramide umana; oggi la ricchezza - sempre più concentrata - domanda un consumo più costoso che pochi possono darle, forse di fatto, per questa aspirazione illimitata paradossalmente decrescerà.

Personalmente spero possa decrescere anche la enorme produzione di bambini cui le donne sono obbligate dalla violenza sessuale che moltissimi uomini esercitano con lo stupro, ma anche solo per la mancanza di attenzione e responsabilità verso la propria fecondità e quella delle compagne.

Per le donne ma anche per l'umanità intera la riproduzione esponenziale della specie umana è stata un fattore di sofferenza e di scompensi per l'equilibrio tra le specie, per le risorse del pianeta e per la convivenza pacifica degli umani.

Dalla difesa sessuale delle donne tutto si può ribaltare: decresce la natalità del pianeta facendo ritornare sostenibile l'azione umana sulla natura e contrastando lo sviluppo capitalista che proprio sulle nascite ha tratto la sua forza speculativa.

Mi domando nell'immediato futuro, gli Stati, uccideranno molta parte dell'attuale popolazione? Non scherzo, molti sono i modi possibili! Oppure la manterranno economicamente aspettando una lenta decrescita demografica ed una maggiore istruzione, un allargamento della popolazione ricca?

Con più capacità comunicativa dei molti può arrivare ai vertici della ricchezza la pressione per scelte magnanime verso l'umanità e l'ambiente?

Si potrà costruire un potere orizzontale tra cittadini e coltivatori? Un rispetto maggiore degli equilibri naturali? Molto sta alla capacità delle donne.


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